Negli ultimi
mesi si assiste allo sviluppo di una vera e propria giurisprudenza in materia
di mediazione, in particolare in riferimento all’esercizio della MEDIAZIONE
DELEGATA DAL GIUDICE.
Si tratta di
un segno del crescente interesse dei Giudici civili per i nuovi istituti e per
le loro potenzialità, attraverso i quali è possibile sviluppare non solo un
efficace sistema di risoluzione alternativa
delle controversie ma anche, forse, un meccanismo di risoluzione integrata delle controversie, caratterizzato cioè dalla
possibilità di un uso articolato di strumenti di risoluzione diversi e non
omogenei, all’interno dello stesso procedimento.
L’ultimo
intervento in ordine di tempo in materia è l’ordinanza 21 marzo 2014 del Tribunale di Milano, che combina la
proposta conciliativa del Giudice con la riserva di disporre la mediazione, in
caso di mancata accettazione della proposta.
Si
riferiscono esclusivamente alla mediazione, ed in particolare alla mediazione
disposta dal Giudice, invece, le ordinanze
17 e 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze; queste ultime toccano l’individuazione
di due requisiti del tentativo obbligatorio richiesti, secondo il Tribunale, a
pena di improcedibilità:
-la partecipazione personale
delle parti al tentativo di mediazione-lo svolgimento di un vero e proprio tentativo di mediazione, e non solo di un primo incontro informativo
Chiunque
abbia esperienza di mediazione, in particolare in Italia, sa bene che il
problema che il mediatore si trova ad affrontare non è quasi mai l’assenza
degli avvocati (anche quando la loro assistenza non era obbligatoria), ma, al
contrario, l’assenza delle parti,
che determina conseguenze sostanziali sulla fisionomia dello stesso tentativo
di mediazione.
L’ordinanza 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze,
riassumendo i contenuti dell’istituto si pronuncia con chiarezza su quelli che
lo stesso Giudice definisce “…due
importanti profili da osservare affinché l’ordine del giudice possa ritenersi
correttamente eseguiti (e la condizione di procedibilità verificata). 1. la
mediazione deve svolgersi con la presenza personale delle parti; 2. l’ordine
del giudice di esperire la mediazione ha riguardo al tentativo di mediazione
vero e proprio…”.
Le ordinanze
in pratica affermano che la mancata
partecipazione personale al tentativo di mediazione (e non solo ad un primo
incontro informativo) incide sullo stesso rispetto della condizione di
procedibilità.
Tuttavia,
allo stato attuale delle norme, come è noto, la parte invitata a comparire, non
è tenuta ad accettare l’invito, salve, naturalmente, qualora la mancata
partecipazione non sia giustificabile, le conseguenze previste (applicazione
dell’articolo 116 cpc e pagamento aggiuntivo di una somma equivalente al
contributo unificato) dall’articolo 8, quinto comma, del DL n 28/2010.
Conseguentemente,
prevedere, ai fini della procedibilità
della domanda, l’obbligo di comparizione personale delle parti, comporta, in
pratica, che le parti, se accettano di comparire, lo debbano fare personalmente
(tranne “casi eccezionali”, come li definisce l’ordinanza 17 marzo 2014, come
la delega al legale rappresentante della società). Si potrebbe peraltro
ritenere necessario, sempre in base allo stesso principio, che almeno la parte
che propone il tentativo debba comunque comparire sempre personalmente, anche
qualora l’altra parte non compaia.
Non meno
importante si presenta anche la seconda conclusione alla quale giungono le
ordinanze fiorentine, relativa all’obbligo
di svolgimento di un vero e proprio tentativo di mediazione.
Secondo l’ordinanza 19 marzo 2014 (così come
altra ordinanza dello stesso Tribunale del 17 marzo 2014) “per “mediazione disposta dal giudice” si intende un tentativo di
mediazione effettivamente avviato e “…che le parti-anziché limitarsi ad
incontrarsi e informarsi, non aderendo alla proposta del mediatore di
procedere-adempiano effettivamente all’ordine del giudice partecipando alla
vera e propria procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni
pregiudiziali che ne impediscano la procedibilità”.
L’interpretazione
del Tribunale, limita le ragioni della “impossibilità
di iniziare la procedura” a questioni di natura pregiudiziale (che l’ordinanza 17 marzo 2014 definisce come
questioni di natura pregiudiziale o preliminare) rilevando come la norma non preveda che le parti si esprimano
sulla volontà di partecipare alla mediazione vera e propria, ma solo sulla
“possibilità” di procedere al tentativo.
L’interpretazione
del Tribunale, secondo l’ordinanza del
19 marzo 2014, si basa, sul piano strettamente letterale, sull’apparente
contrasto tra l’articolo 8, che
parla di un primo incontro “…destinato
solo alle informazioni date dal mediatore e a verificare la volontà di iniziare
la mediazione…”, e l’articolo 5,
che parla di “…primo incontro concluso
senza l’accordo…” che sembra invece richiamare lo svolgimento di una vera e
propria mediazione, un contrasto che imporrebbe, a giudizio del Tribunale, a
parte la difficoltà di individuare il confine tra le due fasi, di “…ricostruire la regola avendo presente lo
scopo della disciplina, anche alla luce del contesto europeo in cui si
inserisce…”. Secondo il Tribunale, un’interpretazione che ritenesse
sufficiente, ai fini del rispetto della condizione di procedibilità, un primo
incontro nel quale il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e
le modalità della mediazione, significherebbe
ridurre il ruolo del giudice, del mediatore e dei difensori “…ad un’inaccettabile dimensione notarile…”,
non giustificando una dilazione del processo, considerando anche che
l’informazione sulle finalità della mediazione è già assicurata dall’obbligo
previsto per gli avvocati dall’articolo 4 del Decreto n 28/2010, e dalla
possibilità di sessioni informative, prevista in generale dalla Direttiva
Europea, ed in concreto assicurata dalle strutture esistenti presso il
Tribunale di Firenze.
La
conclusione che la condizione si verifichi con il solo incontro tra gli
avvocati ed il mediatore a scopo informativo, secondo l’ordinanza 19 marzo 2014
“appare particolarmente irrazionale nella
mediazione disposta dal giudice…”, nella quale la valutazione è già stata
svolta nel colloquio, e segue all’informazione già fornita ai clienti dai
difensori. L’individuazione di una fase per così dire preliminare dalla quale
si accede poi, dopo l’interpello da parte del mediatore, alla mediazione vera e
propria, introduce un elemento di rigidità non necessario, che contrasta con le
caratteristiche stesse della mediazione, procedura che, benché “strutturata”,
come afferma la direttiva, è caratterizzata da una spiccata elasticità.
Ordinanza del Tribunale di Firenze 17 marzo 2014
Ordinanza del Tribunale di Firenze 19 marzo 2014
Ordinanza del Tribunale di Milano 21 marzo 2014
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